Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 26 settembre 2011

Stima e fiducia.


Se io fossi il Presidente del Consiglio di un paese come l'Italia, con i problemi storici dell'Italia, con la nomea dell'Italia nel mondo, l'ultima cosa che farei è nominare come Ministro una persona in odore di mafia.

Questo, beninteso, indipendentemente dal fatto che quella persona - nei confronti della quale c'è un procedimento giudiziario in atto - sia o non sia effettivamente collusa, a quasiasi titolo, col peggiore cancro del nostro paese (che naturalmente non è la magistratura, come qualcuno vorrebbe farci credere).

Se io fossi il Presidente del Consiglio e - chissà perché - avessi comunque nominato come Ministro una persona in odore di mafia - Francesco Saverio Romano - l'ultima cosa che farei, a pochi giorni dalla mozione di sfiducia nei suoi confronti (mercoledì prossimo) sarebbe quella di emanare il seguente comunicato ufficiale:


Se io fossi il Presidente del Consiglio e avessi deciso - chissà perché - di emanare il suddetto comunicato ufficiale esprimendo stima e fiducia nei confronti di un Ministro in odore di mafia, sicuramente, perlomeno, non avrei scelto di esprimere il mio rammarico per non aver partecipato alla presentazione del libro "La Mafia addosso", in cui il Ministro in questione si difende dalle accuse a lui mosse da diversi pentiti.

E in ogni caso, da Presidente del Consiglio, avrei senz'altro appositamente evitato di dichiarare di aver letto:
 "con grande interesse la sua appassionata e dettagliata difesa di fronte alle accuse della magistratura siciliana".
Questo per i seguenti semplici motivi:
1. Perché nessuno possa anche solo lontanamente pensare, in patria come all'estero, che in qualche modo io stia tentando di ingraziarmi la compiacenza di una persona in odore di mafia;
2. Per non far credere ad alcuno che io approvi un libro che indirettamente mette in discussione il lavoro della magistratura prima che questo sia concluso (rischiando persino di condizionare l'opinione pubblica su una delicatissima vicenda che ha per oggetto l'intreccio tra mafia e politica);
3. Perché nessuno possa sospettare neppure per un momento che io stia in qualche modo facendo una sorta di spot promozionale ad un libro che è la difesa di una persona in odore di mafia;
4. Per non far pensare a nessuno, in Italia e nel mondo, che quando parlo della "appassionata e dettagliata difesa dalle accuse della magistratura siciliana" io stia combattendo in qualche modo - come in altre occasioni - la mia personale battaglia contro i Pubblici Ministeri della Repubblica Italiana il cui Governo ho l'onore di presiedere;
5. Per non far dubitare alcuno, in Italia e nel mondo, che quando parlo della "appassionata e dettagliata difesa dalle accuse della magistratura siciliana" da parte di una persona in odore di mafia, io stia dimenticando come la magistratura della nostra Sicilia combatta da tempo immemore una delle più sanguinose guerre civili che la storia repubblicana del nostro paese ricordi, guerra in cui abbiamo visto cadere eroi di Stato quali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno dato la vita per difendere le Istituzioni.
Se io fossi Presidente del Consiglio, mi sfiorerebbe l'idea che atti come questo possano indebolire lo Stato, mettere in cattiva luce non solo il mio operato ma l'immagine di un'intera nazione, far credere all'estero che in Italia le questioni della moralità e della lotta contro la criminalità organizzata - per cui siamo tristemente noti nel mondo - siano minoritarie o peggio valgano ad intermittenza, secondo gli interessi e/o le convenienze.

Questo penserei, se io fossi il Presidente del Consiglio.

Ma il nostro Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi.

E tanto basta per spiegare perché le sorti di un paese meraviglioso come l'Italia siano oramai appese ad un filo.

Sempre più sul punto di spezzarsi.


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