Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 28 febbraio 2011

Minculpop: la strana voglia di Berlusconi...



Non vi fate ingannare.

Quello che ha detto Berlusconi sulla scuola non è affatto da sottovalutare.

Lo dico perché sto percependo che molti (ri)cominciano a chiedersi se ha ancora senso continuare a "riflettere" sulle esternazioni del nostro Premier.

La domanda è assolutamente lecita, ma la risposta è .

Perché dietro il solito atteggiamento berlusconiano della serie "io sono uno di voi" (messo in atto praticamente con chiunque: operai, carabinieri, ecc. ecc.) è spesso possibile ravvisare un fil rouge che lega le parole agli atti politici: è quello che va colto, per non dimenticare mai con chi abbiamo a che fare. 
E perché la nausea di cui molti di noi sono preda da anni - e che sta comprensibilmente aumentando negli ultimi tempi - non rischi di farci desistere dallo sdegno e dalla denuncia, in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo.

Al congresso dei Cristiano Riformisti, grossomodo, è andata così: Berlusconi è salito sul palco e ha arringato la folla plaudente, per più di 20 minuti, con i classici e arcinoti temi (no ai diritti e alle adozioni per le coppie gay, il comunismo è il male assoluto, la patrimoniale è in arrivo e via dicendo).
In tutto questo ciarpame pre-elettorale, la chicca sulla scuola. 
Questa:



Dunque la libertà, per Berlusconi, è poter scegliere di non mandare i propri figli nella scuola statale, dove ci sono insegnanti che inculcano idee diverse da quelle che la famiglia vorrebbe.

Alessandro Gilioli ha ragione da vendere nel commentare che la diversità delle idee (e dunque l'educazione ad essa) dovrebbe essere uno dei capisaldi di una democrazia moderna.

Ciò che infatti mi preoccupa maggiormente, in questo delirio ideologico, è il modello che ho spesso definito del "pensiero unico". Che ha come assunti di base i seguenti:

1. Ciò che non va nella mia direzione, è male. 
2. Ciò che è diverso da me, va cancellato. 
3. Chi diverge o dissente va ridotto al silenzio.

Non è forse in base a questi principi che il governo vuole ridisegnare i confini della giustizia (guardate le ultime dichiarazioni di oggi di Berlusconi sul Colle che "interviene puntigliosamente su tutto")?

Non è forse in base a questi principi che il governo sta ridisegnando i palinsesti Rai (e tenta di ridisegnarli da anni, dall'editto bulgaro in poi)?

Non è per questi principi che l'entourage berlusconiano sostiene da anni che: 
a. la televisione di stato NON può attaccare il governo, ma anzi DEVE parlare per voce della maggioranza;
b. rappresentare le voci non maggioritarie che dissentono (cioè non governative) è da considerarsi illegittimo e antidemocratico?

La scuola, pare di capire dalle parole del Premier, dovrebbe subire il medesimo trattamento.

Tutte le idee (attenzione: non le ideologie!) che si discostano dal pensiero unico berlusconiano devono rimanere emarginate, o meglio ancora devono essere "tagliate fuori". 
In barba, sia ben chiaro, all'articolo 33 della Costituzione, che recita:
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
Dal nostro Premier, invece, la libertà non viene intesa come la possibilità di scegliere quale idea, fra le molte che legittimamente mi vengono proposte, mi pare la migliore, ma come l'opportunità di vivere in un contesto (la scuola privata) dove si evita la diversità delle idee e si favorisce un modo unico di leggere la realtà. Quello preconfezionato da Mr. B, naturalmente

Noto assertore del liberismo economico, il Premier scalpita auspicando un perfetto monopolio culturale delle idee (le sue), del tutto privo di concorrenza, recalcitrando per qualsiasi ipotesi che si allontani dal modello assolutistico da lui vagheggiato (a quando la riedizione berlusconiana del Ministero della Cultura Popolare?)

Riguardo alla scuola, in termini strettamente politici, tutto questo va nella direzione di un riguardo sempre maggiore nei confronti delle scuole private, più facilmente controllabili, naturalmente a scapito di quelle pubbliche. 
E viene anche da chiedersi en passant, se in quest'ottica il ritorno al maestro unico non possa ricondursi anche a fattori politoco-ideologici, oltre che economici (per la serie un maestro=una "idea"...).

In termini sociali, la rincorsa al pensiero unico si traduce invece nel ridurre il più possibile gli spazi di pensiero indipendente, dalla televisione alla stampa, dalla rete al parlamento (dove la maggioranza si comporta sempre come un solo uomo, appunto perché esprime il pensiero di un solo uomo).

Berlusconi lavora da anni per colonizzare le menti degli italiani.

Si badi bene: quegli italiani che lui stesso, nel 2004, dichiarò essere in media, testuali parole, "un pubblico che rappresenta l'evoluzione mentale di un ragazzo che fa la seconda media e che non sta nemmeno seduto nei primi banchi" (qui il filmato, per chi vuol farsi del male)

Ora, non so a quale età evolutiva sia da ricondurre il pubblico che sabato applaudiva il Premier.

Sbirciando nel sito dei Cristiano Riformisti, tuttavia, sono rimasto folgorato dal loro statuto

Cito testualmente:
Donne e uomini cristiani animati da senso civico e che credono fortemente nella possibilità di riscatto della politica solo se essa ha dei forti punti di riferimento morali.

Un vero, sano e costruttivo progetto politico deve avere principi e valori che lo fondino, altrimenti tutto diventa lecito, tutto consentito e la politica non può che divenire l’aberrazione di se stessa
Occorre ripartire da un riscatto etico - morale che, prima umano e poi politico consenta una cesura con il passato e una speranza per l’avvenire.
Come si arrivi, da questi presupposti, a scegliere Silvio Berlusconi per incarnare il modello descritto, non è dato sapere.

E forse, in fin dei conti, non sono neppure sicuro di volerli conoscere davvero, i motivi alla base di questa scelta.

Perché alle volte, diciamocelo, viene da pensare che non aveva tutti i torti il buon Giacomo Leopardi, quando scrisse (Zibaldone, 1817/32):
La felicità consiste nell'ignoranza del vero.
 Specie se, come sta accadendo ultimamente, il vero va oltre l'umana sopportazione.


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