Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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martedì 22 febbraio 2011

Le tautologie del Presidente Napolitano.

Il Presidente? Costretto alla tautologia...

[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


Il Leitmotiv del coro dei collaboratori e sostenitori del Premier, negli ultimi tempi, è sempre più fantasioso e ridicolo.

Alcuni esempi.

Giuliano Ferrara scomoda prima Shakespeare  poi Kant, il filosofo etico per antonomasia, per giustificare le ‘debolezze’ di Berlusconi.

Vittorio Sgarbi dice, a proposito di talune ‘chiacchierate’ donne che hanno commerci con persone ricche ed influenti, che non di prostituzione bisogna parlare ma di ‘furbizia’ (sic!).

Marco Taradash elabora un contorto teorema che potrebbe essere così enunciato “il vero problema non sta nell’attendibilità dell’accusa, bensì nella sua enormità”.
Come dire che se una madre uccide il proprio bambino nessun Pm deve azzardasi a muovere l’accusa, che sarebbe troppo grave ed infamante per la povera donna.

Giuseppe Cruciani emula Ludwig Wittgenstein. La sua celebre frase “su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere” (che il nostro valente giornalista avrebbe fatto bene a prendere alla lettera) diventa nella sua ‘arguta’ parafrasi “i reati che non si possono dimostrare non vanno indagati”.

Fabrizio Rondolino sostiene che non è affatto strano che alcune signore siano state cooptate nel sistema politico solo perché conoscevano (sic!) Berlusconi. In fondo, è la sua tesi, tutti conoscono qualcuno. Come dire che Andreotti conosceva De Gasperi o Togliatti conosceva Gramsci.

L’elenco potrebbe continuare all’infinito.

A fronte di questa rincorsa all’immaginazione più fervida e paradossale, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una intervista rilasciata al giornalista Thomas Schmid alla vigilia della sua visita ufficiale in Germania e pubblicata da "Welt am Sonntag" con il titolo "La Fortuna dell'Italia", ha pronunciato (c’è da pensare dinanzi ad uno stupito giornalista) due sconcertanti tautologie:

1. «Io credo che un Governo regge finché dispone della maggioranza in Parlamento e opera di conseguenza»
. 
2. «Sia la nostra Costituzione, sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il Presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia».

Ebbene, secondo voi, quanto potrà essere grave la situazione italiana, se un uomo come il Presidente Napolitano, di grande intelligenza e cultura, ha ritenuto di dovere affermare dinanzi ad un giornalista straniero queste imbarazzanti ovvietà?


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