Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 4 luglio 2011

Alfano Segretario del Pdl: dal predellino allo strapuntino?



E' ufficialmente iniziata, dunque, la traversata del PdL alla volta di un restyling necessario quanto difficile.

E tuttavia forse meno difficile di quanto si potesse pensare.

Anche grazie ad Angelino Alfano.

Ho aspettato qualche giorno per scrivere questo post; volevo tentare di farlo a freddo; di lasciar decantare le sensazioni del momento.

Devo dire che non mi trovo d'accordo con quanti - specialmente a sinistra - irridono la scelta di Alfano come "di secondo piano" o peggio "di ripiego".

L'investitura del Guardasigilli da parte di Silvio Berlusconi a me appare invece oggi, ancora più di ieri, una mossa azzeccata.

Tanto per sgombrare il campo da possibili equivoci: Alfano non mi piace per nulla.

Lo trovo strumentalmente polite; furbescamente democratico; diabolicamente equilibrato.

Ma i concetti da lui espressi nel primo discorso da neoacclamato Segretario - ne sono convinto - fanno e faranno breccia nel popolo di centrodestra.

Ancora una volta, è bene sottolinearlo, è stato un discorso scritto a tavolino, sulla base di sondaggi e  stime di opinione (peraltro neppure così difficili da interpretare), pronunciato tra l'altro senza particolare afflato.

La domanda da porsi era semplice: cosa vuole sentirsi dire, in questo momento, la gente di centrodestra?

Presto detto.

Che il PdL è unito: e allora ecco i ringraziamenti ai coordinatori storici La Russa, Bondi, Verdini e gli ammiccamenti al correntista Scajola.

Che il PdL del quasi ottuagenario Mr. B. è - o sarà ben presto - il partito dei giovani: ed ecco il riferimento alla meritocrazia e alla nuova generazione di politici che finalmente potranno trovare a breve lo spazio che meritano.

Che il PdL è contro il testamento biologico e contro un concetto di famiglia esteso a persone dello stesso sesso che si amano: ed ecco il riferimento al Parlamento, che non può ergersi ad arbitro della vita altrui, e alla famiglia uomo-donna come motore della società.

Che il PdL è contro la disonestà e la corruzione: ed ecco lo slogan del partito degli onesti e anche l'ammissione - forte, se ci pensate - che non tutti nel partito sono dei perseguitati, come invece lo è il povero Silvio.

Che il PdL è - o sarà - un partito dal respiro ampio, non (più) un partito azienda, proprietà di un solo uomo: ed ecco il riferimento al PPE e il conseguente - ovvio - ammiccamento a Casini.

Gli ingredienti, come vedete, ci sono proprio tutti.

L'obiettivo a breve-medio termine è assolutamente cristallino: riagganciare i delusi e blandire i cattolici, soffocando contestualmente - nella culla - il Terzo Polo che ancora deve muovere i primi passi.

Reggetevi forte: quello che non è riuscito a Gianfranco Fini, in sostanza, intende realizzarlo Angelino Alfano.

E purtroppo, a mio giudizio, ha ottime chances di potercela fare.

Perché Alfano è giovane, si presenta in modo "pulito", parla di onestà e - addirittura! - pare vagamente autocritico, oltre che astutamente conciliante.

Non è moltissimo forse per incoronarlo futuro Premier - come fa Maria Giovanna Maglie su Libero, in un articolo che ben esprime l'umore del popolo di centrodestra - ma è quello che basta, a mio parere, per recuperare quanto perduto nell'ultimo infausto anno di tragi-politica berlusconiana.

Questo perché, ve lo confesso, mi sembra più facile nonostante tutto ricompattare un gruppo scollato, che creare ex novo un gruppo che non è mai stato tale (e si continua a non intendere se possa mai essere tale).

Mi riferisco, naturalmente, al centrosinistra.

Che da mesi (da anni?!) promette e dice di cercare la quadratura di un cerchio che, col passare dei giorni, appare sempre più chimerica.

Mi auguro non siano da temere i recenti successi alle provinciali e al referendum.

L'esperienza degli ultimi decenni ha fin troppo spesso mostrato una preoccupante incapacità della classe dirigente di sinistra di cogliere i frutti delle vittorie e, d'altro canto, di imparare rapidamente dalle sconfitte.

Se sconfitti, cadiamo in depressione.
Se vittoriosi, l'euforia fa subito tornare alla ribalta l'odiosa logica dei capi-bastone.

Se non risolveremo quest'aporia di fonfo, diciamocelo ancora una volta, si metterà molto male per questo paese.

A sinistra, urge un'organizzazione ferrea, un programma condiviso, dei solidi ideali comuni da mettere in campo.

Perché a cullarsi sui recenti allori e ad aspettare ancora, si rischia di farci "doppiare" dalla nuova destra.

Nuovamente demagogica; nuovamente "pulita".

Praticamente la riedizione di Forza Italia del '94 (non a caso rievocata dallo stesso Alfano): con la faccia di Angelino al posto di quella di Silvio.

Occhio, dunque.

Perché se il restyling che hanno in mente riesce, c'è davvero da temere che gli italiani abboccheranno di nuovo.

Troppe volte, nel nostro passato, abbiamo mostrato di essere un paese senza memoria.


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