Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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mercoledì 6 luglio 2011

Quando dire la verità è l'emblema del crollo.

Il 1 di luglio gli amici del Giornale titolavano così la loro prima pagina:

[Cliccare sull'immagine per ingrandire]
In sintesi: 
  • grande risalto all' (unico) intervento di detassazione
  • la manovra definita come "piano di rilancio del governo"; 
  • l'annuncio di tagli agli stipendi e ai privilegi della casta politica.

Tutto molto bello, no?

Peccato che la manovra abbia suscitato all'unanimità insoddisfazione e polemiche, scontentando trasversalmente tutti.

Ebbene oggi, 6 luglio 2011, il Giornale on-line annuncia trionfante:


"Cambia tutto", ci dicono giubilanti!

Salvo aggiungere, all'interno dell'articolo, che in tema di pensioni "il come è tutto da decidere" e soprattutto che, udite udite:
 "tagli alla politica si confermano una misura dal valore più simbolico che economico".
Come vedete, oramai è acclarato: al Giornale, ogni giorno di più, non sanno che pesci prendere per parare i colpi dell'impopolarità crescente del governo e del Sire di Arcore.

E in preda a questo stato confusionale, badate bene, cominciano non solo a mettere le mani avanti, bensì addirittura, in qualche circostanza, a dire la verità.

L'ennesimo segnale che il reame di Silvio, pezzo dopo pezzo, sta inesorabilmente crollando.


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