Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

La Città Invisibile si è trasferita su l'Espresso. Clicca sull'immagine per raggiungere il blog.

La Città Invisibile si è trasferita su l'Espresso. Clicca sull'immagine per raggiungere il blog.
Link per iscriversi ai feed: http://feeds.feedburner.com/repubblica/KUea

martedì 26 luglio 2011

S'è fatta una certa...



Va bene, mi arrendo: ce l'avete fatta.

Non sono mai stato granché favorevole al tam-tam dell'anti-politica.

Mi spiego: credo che la politica possa ben essere un mestiere (anche se poi si dovrebbe ragionare di quanto a lungo dovrebbe durare o comunque di un sistema che nel tempo si alimenti virtuosamente, lasciando fuori i meno capaci), così come credo che alcuni benefit potrebbero forse avere un senso (un esempio su tutti: posti riservati sui mezzi di trasporto, se il viaggio è per motivi di servizio e riveste carattere d'urgenza: sempre meglio degli aerei privati a spese dei contribuenti, no?).

Ma quello cui stiamo assistendo in questo sciagurato paese sta oramai assumendo i toni di una farsa senza precedenti.

Questo il menù del Ristorante dei Senatori (da un'inchiesta dell'Espresso, per cui ringrazio Gilioli):

 


[Cliccare su ogni singola immagine per ingrandirla]

Tanto per fare qualche esempio:

Filetto d'orata in crosta di patate: 5 euro e 23 centesimi.

Pesce spada alla griglia: 3 euro e 55 centesimi.

Frutta di stagione: 0 euro e 76 centesimi.

Dessert del giorno: 1 euro e 74 centesimi.


Ecco, a pensare che tutto questo grava sulle tasche di noi contribuenti che facciamo fatica ad arrivare a fine mese, un certo bruciore di stomaco mi assale.

Bruciore che diventa urticante e pressoché incurabile, se un senatore della Repubblica, Riccardo Villari (eletto col PD e ora udite udite sottosegretario nelle file dei Responsabili!) dichiara ai microfoni della Zanzara, su Radio 24, riguardo al ristorante del Senato: "non è niente di speciale", "non è chez Maxim", "si mangia meglio alla Camera", "è una roba da mensa come tante altre" e "non c'è nemmeno il pesce fresco"...

Davanti a questa folle spregiudicatezza nelle dichiarazioni, è tutto tremendamente chiaro: non ci sono più con la testa. Hanno perso completamente il senso della misura.

E il pensiero va agli Scilipoti, a tutti i peones, ai nostri disoccupati, alla drammatica situazione del nostro Meridione, a Borghezio - rappresentante dell'Italia al Parlamento Europeo - che dichiara che "le idee dell'attentatore norvegese Brevik sono profondamente sane, anzi eccellenti", a Bruno Berardi, Fiamma Tricolore, che ha dichiarato che lo stesso Breivik è "un eroe", a tutti gli inquisiti del Parlamento e infine al nostro Presidente del Consiglio, il Premier più indagato del mondo.

... e viene da chiedersi: ma come diavolo abbiamo fatto ad arrivare fin qui?

E in ogni caso: vogliamo cominciare ad uscirne, una buona volta, sì o no?

No, perché è proprio il caso di dire: "s'è fatta una certa (ora)", come dicono a Roma quando è davvero giunto il momento di muoversi.



Share/Bookmark

Se ti è piaciuto l'articolo, puoi iscriverti ai post per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog!

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...