Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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sabato 23 luglio 2011

Chi semina vento raccoglie tempesta.


Voglio premetterlo, a scanso di equivoci: sono per il più assoluto rispetto della diversità delle opinioni.

Di più: personalmente sono assolutamente convinto che in una società che voglia continuare a nutrire una minima speranza nel "progresso" - nel senso più ampio del termine - la diversità delle opinioni vada non solo incoraggiata, ma in qualche modo - passatemi il termine - pazientemente "costruita".

Ma il diritto ad esprimere la propria opinione trova il suo limite naturale nel momento stesso in cui calpesta indegnamente l'altrui diversità, se non addirittura inneggia allo scontro con chi è "altro" da noi, magari fomentando l'odio e il disprezzo nei suoi confronti.

Un simile comportamento, oltre che esecrabile, è semplicemente inaccettabile. Socialmente inaccettabile.

Lo è già se a compierlo è un singolo individuo. Lo è ancora di più se è un gruppo di persone.

Se poi quel gruppo di persone è una testata giornalistica e dunque il comportamento è agito a mezzo stampa, la gravità dell'atto assume proporzioni inaudite.

Alla notizia del dramma norvegese di Oslo, dove hanno perso la vita quasi 100 persone, ieri Libero online - fiutando la pista islamica - titolava così:


Peccato che l'uomo arrestato, responsabile degli attentati, si riveli qualche ora dopo un norvegese appartenente all'estrema destra anti-islamica che si dichiara "fondamentalista cristiano". 

Ma Libero, oltre a lasciare il titolo che avete appena letto in prima pagina fino alle 10 di stamani (quando la notizia che l'attentato non fosse attribuibile a terroristi islamici si sapeva già da ore) è andato ben oltre.

Ecco la prima pagina di Libero oggi in edicola:



"Con l'Islam il buonismo non paga", titola il giornale di Belpietro.

Mettendo da parte per un attimo la squallida e orrida strumentalizzazione operata da Libero, è giusto il caso di ribadire che anche un bambino dovrebbe sapere oggi che l'identità tra Islam e terrorismo di matrice islamica è non solo sbagliata (i terroristi sono una percentuale minuscola dei fedeli della religione musulmana), ma profondamente ingiusta e, naturalmente, molto pericolosa.

Nel fare i più vivi complimenti ai "giornalisti" di Libero, ribadisco che una società in cui la diversità delle opinioni non leda il credo di altre persone - sia esso religioso, etico, filosofico o quant'altro - può contribuire ad affinare il senso critico e garantisce, in ultima analisi, la solidità del diritto.

Al contrario, una società in cui si incita allo scontro col diverso e all'odio nei confronti di chi non si comprende è destinata a chiudersi sempre di più in se stessa, all'interno dei propri confini, sia geografici che culturali.

Il che vuol dire involuzione certa, anziché evoluzione.

La storia dell'uomo insegna che molte grandi civiltà hanno iniziato il loro declino - e sono poi scomparse estinguendosi - esattamente nel momento in cui hanno perso la sfida con l'integrazione, serrando i propri ranghi e chiudendosi a riccio.
E questo quando non hanno scelto - per prevalere - la via del sangue e della sopraffazione, con gli esiti imprevedibili e funesti che il secolo appena trascorso - il XX, soprannominato "il secolo del demonio" - ci ha lasciato in eredità.

La scelta è nostra e solo nostra, ma una cosa è certa: per le strade come quelle battute da Libero & Co. il destino è già scritto.

P.P. [Post Post] Sui cugini di Libero, quelli del Giornale, stamani, ha già detto tutto Wil.


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