Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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giovedì 31 marzo 2011

Berlusconi a Lampedusa: la brutta copia di se stesso.



Silvio ha parlato.

In pratica non lo ha fatto per oltre un mese.

Era il 19 febbraio quando disse "Gheddafi? Non lo voglio disturbare" e il 22 quando timidamente accennò un "basta violenze" (con l'intermezzo della telefonata "rassicurante" con l'amico dittatore).

Poi, grosso modo, il vuoto.

Parola a Frattini per le questioni generali; parola a La Russa per le questioni militari.

Che si rammenti, non una parola  al paese, da Presidente del Consiglio.

Esternazioni ufficiali solo sul tema 'processi', per attaccare i magistrati, qua e là, tra una telefonata e l'altra alle sue televisioni.

Nessuna spiegazione su niente. Nessuna posizione forte su alcunché. 
Nessuna rassicurazione al suo popolo, mentre ai confini dell'Italia la situazione si arroventava.

Fino a ieri.

Quando a Lampedusa rompe il silenzio e, al solito, dilaga.

Dilaga come solo lui sa fare, portando nell'isola quella ventata di smargiasseria verbale, quel trionfalismo populista che è la sua cifra politica.

Dilaga promettendo: di risolvere il problema migranti in 48-60 ore, di trasformare - già che c'è - l'isola in una nuova Portofino piena di colori, di proporla per il Nobel per la pace, di costruire casinò, di rilanciare il turismo con dosi massicce di pubblicità Rai/Mediaset, di sgravare fiscalmente i Lampedusani, ecc. ecc. 
Tanto, ha aggiunto, ora i miei interessi sono i vostri, perché ho acquistato nottetempo su Internet una villa a Lampedusa e dunque sono anch'io lampedusano.

Neppure una parola sul dramma dei migranti.

Neppure una parola a tutti gli italiani.

Only business.

Il che significa, semplicemente, puro comizio elettorale.

Lampedusa trasformata in un palcoscenico, col sindaco che si sbraccia vistosamente dettando i tempi al pubblico: quando esaltarsi, quando placarsi, quando abbassare un po' i toni, quando lasciar perdere su certi argomenti (riguardatevi i filmati e prestateci attenzione: è davvero incredibile).

Uno spartito perfetto.

Per sfruttare il dramma nel tentativo di accaparrarsi il consenso di 6000 anime siciliane.

Snobbato dai paesi che contano nei contesti internazionali e oramai non più coinvolto nelle decisioni importanti, Berlusconi appare ogni giorno di più il triste emulo di se stesso.

Incapace di parlare al popolo che rappresenta, sempre più finisce col parlare a pochi intimi, quasi si sentisse meno insicuro. E quasi sempre, diciamocelo, quei pochi intimi sono oramai clamorosamente prezzolati  o, almeno, selezionati (così pare anche ieri a Lampedusa...)

Il risultato, sempre più evidente, è un uomo che non parla quando dovrebbe e parla quando non dovrebbe, sempre tradendo gli obiettivi istituzionali.

E tuttavia voglio che una cosa sia chiara.

La bagarre di ieri e di oggi alla Camera, scatenata dal blitz della maggioranza sul processo breve, mostra inequivocabilmente una volta e per sempre che la responsabilità piena di questo indegno stallo politico è da attribuirsi ad ogni singolo parlamentare del centrodestra. 

Ciascuno di essi, per mero tornaconto personale, anziché destituire Silvio Berlusconi per evidente inettitudine istituzionale, si prodiga con ogni mezzo in una sorta di accanimento terapeutico, violentando la Costituzione e le Istituzioni, ingaggiando guerre all'ultimo sangue con la magistratura, colonizzando la Rai per  avvelenare l'informazione giornalistica, mentendo con puntualità disarmante in ogni circostanza, con una spudoratezza sconosciuta,  addirittura, alla prima repubblica.

Tutti questi signori, uno dopo l'altro, dovremo ringraziare il giorno che tutto questo finirà.

Con la speranza che quando quel giorno arriverà, di questo paese sia rimasto ancora qualche frammento sano.

E di avere ancora, tutti insieme, la forza e la voglia di risollevare finalmente la testa.


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