Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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sabato 19 marzo 2011

Gli eroi del Giappone.



[Il Prof. Woland per la Città Invisibile]

Oggi vorrei che tutti ci fermassimo un attimo.

So che è difficile, so che a molti sembra impossibile: di ognuno di noi si potrebbe ripetere ciò che diceva Giolitti di Mussolini “il fascismo è come una trottola, se si ferma cade”.

Ma oggi dobbiamo farlo. Perché dobbiamo tentare di ridare un senso alla vita uscendo dalle penose polemiche che animano il nostro paese. Vorrei che ci fermassimo tutti per capire che l’uomo può essere anche straordinario. Che gli eroi non si sono estinti con i grandi poemi di Omero o di Virgilio.

Gli eroi abitano ancora in mezzo a noi. 

In questo preciso momento in Giappone, a Fukushima, 50 tecnici sono rinchiusi all’interno di una centrale nucleare. Sono tutti consapevoli di andare incontro a morte certa: il loro destino sarà verosimilmente, come accadde a Černobyl, quello di essere seppelliti in un sarcofago di cemento armato. 

Nessuno di loro si è tirato indietro: come samurai in un film di Kurosawa, affrontano la morte, con la dignità che forse solo gli orientali posseggono, nel tentativo di salvare il loro paese.

Questi eroi fanno sentire piccoli piccoli noi che vendiamo la nostra coscienza per una piccola prebenda; noi compatrioti di quel Guicciardini che affermava che l’indole naturale dell’italiano è “seguire il suo particulare”. 

Fermiamoci. Entriamo anche noi, sia pure virtualmente, in quella centrale. Rendiamo omaggio a questi eroi cercando di vivere in maniera più degna.

Tra pochi giorni in Giappone si celebrerà Hanami, la festa dei ciliegi. Sakura, il fiore di ciliegio, rappresenta l'anima del Giappone: la delicatezza, la caducità di quel fiore sono per i giapponesi il simbolo della fragilità, ma anche della bellezza dell'esistenza.

Ciascuno di questi eroi è un sakura: in futuro nessun uomo potrà più guardare un fiore di ciliegio senza rivolgere loro un pensiero riconoscente e chinare rispettosamente il capo.


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Commenti (6)

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Caro Prof Woland,
anche sottolineare con tanta accorata poesia, come lei ha fatto, il sacrificio di questi uomini ci può rendere straordinari.
Grazie. Con stima e affetto
LISA
Normalmente quando guardavo il telegiornale non provavo niente per nessuna delle notizie che passavano su quello schermo. Ma con fukushima non è stata così. 50 Uomini che si sacrificano per salvare i loro cari.
Questa storia mi ha commosso profondamente. Forse perche sono anch'io un uomo. Forse perchè credo che il loro sacrificio sia il più difficile da compiere. Abbandonare la vita e tutte le persone che si conosce per poterle salvare.
Il popolo giapponese merita tutto il mio rispetto. Ora più che mai.
Spero che i 50 bushi -guerrieri- che affrontano il grande demone radioattivo possano essere ricordati per sempre como valorosi eroi, così come i 300 spartani che si batterono alle termopili.
Vivrete sempre nei nostri ricordi.
1 risposta · attivo meno di un minuto fa
Caro Luigi,
grazie per l'accorato commento.
Il Prof. Woland ed io crediamo davvero che questi gesti rappresentino il simbolo più alto dell'amore degli uomini per la vita: donare la propria a favore di quella degli altri significa coglierne l'essenza più profonda e vera...
LB
Era il 26 aprile 1986 e anche in quei giorni ci sono state persone pronte a morire per gli altri. Li chiamarono "biorobot" gli eroi di Chernobyl. Oggi sono giapponesi, ieri erano russi, persone normali che in un attimo sono diventati eroi per colpa di altri uomini che per incuria, superficialità, profitto, hanno messo a rischio il pianeta e l’umanità. Certo Fukushima non è l’Unione Sovietica del 1986, ma anche del civilissimo Giappone c’è poco da fidarsi visto che già nel 2000, 2002, 2004, 2006, 2008 la centrale di cui tanto si parla aveva dato “piccoli” problemi. Onore, dunque, agli eroi che donano la loro vita per gli altri, queste belle persone, però, se non ci fossero i furbi e gli speculatori, sarebbero ancora tra noi.
1 risposta · attivo 733 settimane fa
Cara Patrizia,
non a caso il nostro blogmaster ci ricorda l'invito di Italo Calvino:
"cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".
Altro non saprei aggiungere.
W
Cara Lisa,
grazie per la sua affettuosa partecipazione.
W

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