Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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martedì 26 aprile 2011

Berlusconi spiega il suo sì ai bombardamenti in Libia. Se questo è uno statista...

L'agenda della politica estera di Silvio Berlusconi parla chiaro.

Lo so: sono un inguaribile ottimista.

Idealista, per giunta (la razza peggiore, fra gli ottimisti).

In pieno XXI secolo, dopo tutta l'acqua passata sotto i ponti in questi millenni di umanità, riesco ancora a sperare che le decisioni importanti, nella vita degli uomini, così come nella vita delle nazioni, siano prese con raziocinio, equilibrio, buon senso, lungimiranza.
Il che vuol dire con la mente salda e ben rivolta alle conseguenze che vi saranno per gli altri, là dove per 'altri' intendo tutti quelli che non hanno la responsabilità di decidere, ma saranno comunque coinvolti, inevitabilmente, dalle conseguenze della decisione.

Per questo motivo, prima che per altri, un brivido freddo mi è corso lungo la schiena alla lettura, poco fa, dell'agenzia con cui Silvio Berlusconi ha spiegato in conferenza stampa il suo assenso alla partecipazione dell'Italia ai bombardamenti in territorio libico.
Queste le sue parole:
"non volevo che l'Italia fosse considerata partecipante non a pieno titolo"; anche perché l'opposizione "avrebbe sfruttato, e ha sfruttato, contro di noi questo fatto". Del resto l'Italia era stata esclusa dalle "triangolazione telefonica" nelle ultime settimane. "Anche questo ci ha indotto a decidere'' in tal senso perché ''non si possa dire che l'Italia non conta niente''.
Ditemi quello che vi pare.

Sentire affermare il Presidente del Consiglio di aver deciso di acconsentire a dei bombardamenti con la mente alle critiche dell'opposizione e l'occhio al ritorno di immagine, mi fa letteralmente gelare il sangue nelle vene.

Se sono criticabili le leggi, la sola idea di una politica estera ad personam è semplicemente, e francamente, del tutto inaccettabile.

Mi tornano alla mente le parole attribuite ad Alcide De Gasperi:
"Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione".
A quale delle due categorie appartenga Berlusconi, credo sia già piuttosto chiaro a molti. E da oggi, mi auguro, a qualcuno in più.

In ogni caso, sarebbe interessante che qualcuno spiegasse al paese il perché di queste affermazioni del Premier risalenti ad un mese fa:



Ebbene, se non è di troppo disturbo, potremmo sapere che cosa è cambiato dal mese scorso?

Mica per altro: giusto perché magari, e dico magari, è una decisione che potrebbe riguardare tutti noi.


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