Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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martedì 19 aprile 2011

La condanna di Berlusconi? Non passa per i processi: bastano i fatti.

Una foto di Dietrich Bonhoeffer

Ci sono giudizi o riflessioni, sulla società in cui viviamo, così come sulla politica che 'subiamo', che possono senz'altro ascriversi nel novero dell'ovvio.

Nonostante questo, ho sempre creduto, ieri come oggi, che sia di fondamentale importanza rammentare anche ciò che appare più scontato, se questo contribuisce ad esercitare una qualche resistenza dell'intelletto contro quella sorta di assalto alla 'fortezza della morale' che di giorno in giorno, nel nostro paese (ma non solo), si fa sempre più organizzato e metodico.

Talvolta le considerazioni ovvie fanno male. Nel senso che fa male la verità che vi si cela dietro, che è tanto più scomoda quanto più lapalissiana appare la considerazione.

Dire dunque, come vorrei fare oggi, che una società che attenti all'istruzione, in qualsiasi modo lo faccia, è una società che sta disgregando uno dei cardini su cui poggia il suo stesso futuro, è di fatto un'ovvietà. Un'ovvietà la cui verità provoca la sua parte di male. Che proprio per questo viene per lo più nascosta e taciuta.

Un'ovvietà che bisogna continuare con forza a ribadire.

Tempo addietro, un teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo e per questo impiccato in un campo di concentramento a pochi giorni dalla fine della guerra, volle esprimere con vigore le sue riflessioni sull'argomento.
Il teologo si chiama Dietrich Bonhoeffer e queste furono le parole che consegnò all'umanità:
Il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini.
Il senso morale.

Vedete, l'implicazione (anch'essa ovvia) di queste parole, ricondotte alla realtà politica e sociale di cui siamo spettatori - talvolta fin troppo passivi - è che non c'è bisogno di prostituzioni minorili e di vagonate di escort, di processi e di barzellette oscene, di leggi ad personam e di prescrizioni anticipate, per formulare un giudizio drammaticamente negativo sul governo e soprattutto su Silvio Berlusconi, che sempre più indegnamente (non) ci rappresenta.

Se dunque si conviene, ad esempio, sul fatto che il tentativo di costruire a tavolino una contrapposizione sociale tra insegnanti di "destra" e insegnanti di "sinistra", così come la volontà di investire sul privato anziché sul pubblico, e ancora la tenacia con cui si tagliano i fondi per la ricerca, per la scuola, per i precari siano operazioni  profondamente amorali, il giudizio su un Presidente del Consiglio e la sua filosofia governativa non può che diventare scontato.

I tagli del settore istruzione sono riusciti ad intaccare anche i servizi per l'infanzia, mettendo in crisi il settore degli asili nido, con "appalti al ribasso, rette sempre più alte e riduzione dei posti".

Pensiamoci un attimo: recidere alla radice il futuro di una nazione non investendo nel domani dei nostri figli, non basta per qualificare l'amoralità di un governo?

Vogliamo concedere ai nostri oppositori la possibilità che Berlusconi sia innocente di tutti i reati a lui imputati, di tutti i crimini che gli si contestano?

E sia.

Ma non perdiamo di vista l'ovvio: non c'è affatto bisogno degli scandali o delle corruzioni per formulare un giudizio morale negativo su questo governo.

Basta stare ai fatti (e quello dell'istruzione è solo uno dei mille esempi che si possono fare).

Ieri accennavo a come i berlusconiani doc soffrano di una sorta di abulia critica nei confronti del Capo: qualsiasi giudizio obiettivo ed imparziale su qualcosa che lo riguarda diventa difficile, se non impossibile.

Riguardo a questo, vorrei citare ancora le parole pronunciate da Dietrich Bonhoeffer, in una conferenza da lui tenuta due giorni dopo la presa di potere di Hitler:
[se il capo] "permette al seguace che questi faccia di lui il suo idolo, allora la figura del capo si trasforma in quella di corruttore..."
Ogni cittadino italiano, guardando dentro di sé, dovrebbe capire che non serve necessariamente un reato per essere corrotti.

Né una condanna giudiziaria per essere giudicati indegni.

Talvolta, e questa è una di quelle volte, le cose sono molto più semplici di come sembrano.

P.P (Post Post): se avete tempo, fate capolino sul link di Wikipedia relativo a Bonhoeffer: un piccolo tributo alla memoria di un grande uomo.


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