La
risoluzione n° 1973 dell’ONU che autorizza “
gli stati membri a prendere tutte le misure necessarie per proteggere i civili in Libia (articolo 4)” è stata presa in nome del cosiddetto principio
Responsibility to Protect, responsabilità di proteggere.
Vediamo di capire come è nato questo nuovo principio, detto anche R2P.
Il summit del
gruppo dei 77 (G77) - organizzazione intergovernativa delle Nazioni Unite - riunito nell’aprile del 2000 all’Avana - aveva recisamente
riaffermato che
la globalizzazione non deve essere usata contro i princìpi della sovranità e della non ingerenza e aveva
rifiutato il diritto di intervento umanitario.*
Venne allora costituita una commissione - la ICISS - il cui scopo era principalmente quello di rispondere alla domanda posta dal Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan: "Se l'intervento umanitario è davvero un attacco inaccettabile alla sovranità, come dovremmo rispondere al Ruanda, a Srebrenica, a grandi e sistematiche violazioni dei diritti umani che offendono ogni regola della nostra comune umanità?".
La commissione lavora per un anno e presenta il suo rapporto finale il 30 settembre del 2001: pochi giorni dopo il tragico attentato terroristico alle torri gemelle.
Benché si dichiarasse esplicitamente il contrario, c’è da ritenere che il terribile evento abbia invece influenzato la conclusione dei lavori.
In estrema sintesi, l’ICISS afferma che “la sovranità è responsabilità e gli stati devono intervenire nei paesi che non possono o non vogliono esercitarla” e raccomanda al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di approvare una risoluzione che accolga questa teoria.
Il principio - sia pure tra critiche e inviti alla cautela - si afferma.
Ma certamente il nodo non si è sciolto.
Molti infatti sostengono** che R2P sia semplicemente un escamotage per far rientrare dalla finestra quel diritto di ingerenza che era stato cacciato dalla porta.
Non a caso, nel 2008, il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite Miguel d’Escoto avverte che è necessario fare in modo che la Responsabilità di Proteggere "non venga interpretata o usata, come spesso accaduto in passato, come un diritto di ingerenza".
Ma dal punto di vista pratico, questo monito come si traduce?
Insomma è lecito intervenire oppure no?
Sembra proprio che ci si sia avvitati in un terribile guazzabuglio.
E a questo punto, credo sarebbe davvero il caso di aprire un ampio dibattito al riguardo.
_________________________________________________________
*Art.49. We reaffirm that every State has the inalienable right to choose political, economic, social and cultural systems of its own, without interference in any form by other States.
Riaffermiamo che ogni Stato ha il diritto inalienabile di scegliere i sistemi politici, economici, sociali e culturali propri, senza interferenze in qualsiasi forma di altri Stati.
Art.54 We reject the so-called “right” of humanitarian intervention, which has no legal basis in the United Nations Charter or in the general principles of international law.
Noi rifiutiamo il cosiddetto "diritto" di intervento umanitario, che non ha fondamento giuridico nella Carta delle Nazioni Unite o nei principi generali del diritto internazionale.
**Jean Bricmont, autore de Imperialisme humanitaire. Droits de l’homme, droit d’ingérence, droit du plus fort? (Editions Aden, 2005) ha osservato:«La "responsabilità di proteggere" è una sorta di astuzia giuridica che tenta di inserire il diritto di ingerenza nel diritto internazionale, mentre i principi del diritto internazionale respingono con fermezza le interferenze»
Condividi

Responsibility to protect: il nodo non sciolto.
Lisa · 730 settimane fa
R2P. Si tratta comunque di guerra. Guerra usata come un ingrediente indispensabile allo svolgersi della storia che, seguendo la "moda dell'etica", aggredisce, distrugge, modifica, risana, salva.
A tal proposito vorrei ricordarle un pensiero espreso da J. Hillman nel capitolo conclusivo di "Un terribile amore per la guerra".
<<Non esiste una soluzione pratica alla guerra perchè la guerra non è un problema risolvibile con la mente pratica, la quale è più attrezzata per la sua conduzione che per la sua elusione o conclusione. La guerra appartiene alla nostra anima come verità archetipica del cosmo. E' un'opera umana e un orrore inumano, e un amore che nessun altro amore è riuscito a vincere.
segue
Lisa · 730 settimane fa
LISA
Prof_Woland 59p · 730 settimane fa
grazie per il tuo contributo: puntuale come sempre. Le parole di Hillman suonano come un epitaffio. Io, però, continuo a sperare che le vicende umane si affrontino con chiarezza senza inganni e autoinganni.
A presto.
W
Lisa · 730 settimane fa
<<Non esiste una soluzione pratica alla guerra perchè la guerra non è un problema risolvibile con la mente pratica, la quale è più attrezzata per la sua conduzione che per la sua elusione o conclusione.La guerra appartiene alla nostra anima come verità archetipica del cosmo. E' un'opera umana e un orrore inumano, e un amore che nessun altro amore è riuscito a vincere. Possiamo aprire.....
Lisa
patrizia · 730 settimane fa
Prof_Woland 59p · 730 settimane fa
nel mio post ho volutamente tralasciato, per non appesantirlo troppo, il nocciolo duro delle critiche a R2P. Tu cogli nel segno. Il vero problema è che l'organismo sovranazionale non lo è poi così tanto e che i paesi ricchi decidono il destino di quelli poveri.
Grazie per il contributo
A presto
W