Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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giovedì 14 aprile 2011

Si spoglia per le elezioni: la libertà di espressione in un paese "normale".



Quello che avete appena visto (non vi sarete mica scandalizzati?) è un cartello elettorale.

Soledad Sánchez Mohamed, candidata sindaco del neonato Partido Democrático di Ciutadella (Minorca) aveva deciso di promuovere così la sua immagine di politica, come dire, al servizio dei cittadini, alludendo inequivocabilmente ai suoi due argomenti principali.

Non paga della trovata, aveva anche rilasciato un'intervista alla rivista mensile Més Iris Menorca, regalando di sé questa immagine altamente professionale:



Guarda un po', è scoppiato un mezzo scandalo: un partito della sinistra locale, Esquerra de Menorca, è insorto e ha denunciato la campagna elettorale in questione parlando di sessismo e di mercificazione dell'immagine femminile.
I soliti comunisti, "trinariciuti" e "moralisti", avrebbe chiosato da noi qualche pachidermico giornalista dai suoi microfoni londinesi.

La candidata sindaco, si badi bene, ha commentato così: "ogni persona è libera di esprimersi come crede e io utilizzo il mio corpo e i miei seni come mi pare".

Il concetto non fa una piega, no?

Che poi la (presunta) politica, affare pubblico, sia stata mescolata senza motivo con una libertà di espressione fisica ascrivibile com'è ovvio alla sfera privata, non ha rilevanza alcuna.

Quello che conta è sfacciatamente ciò che appare e come ci si propone: cosa si è e cosa si propone politicamente è assolutamente irrilevante, in politica.

Mi è parso interessante raccontare questa storia per due motivi.

Il primo è per riflettere su un fatto: non è che diciamo un po' troppo spesso: "solo in Italia accadono certe cose! In qualsiasi paese normale...", ecc., ecc.?
Perché no: certe ridicole assurdità non accadono solo da noi. Non deteniamo questo primato.

C'è un secondo motivo per cui mi è parso utile raccontare questa vicenda: a Minorca, una volta scoppiato lo scandalo, è accaduto qualcosa di singolare.
Per decisione della Giunta elettorale, in coordinamento con l'Osservatorio della pubblicità dell'Istituto della Donna, il cartello incriminato è stato ritirato e prontamente sostituito, con l'immagine amena e più conciliante di una piazza della località in questione.

Da noi, invece, cosa accade?
Scoppia il Rubygate? Bene: si nega qualsiasi evidenza (vedi le decine di intercettazioni delle "eleganti cene" del Premier) e si rovescia il tavolo, puntando il dito sui moralisti guardoni e bacchettoni e costruendo teoremi falsi per far accettare l'indegno come ordinario.

Ecco: è esattamente in questo che non siamo per niente, ma proprio per niente, un paese normale.


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