Questo sarà un post lungo.
Abbiate pazienza. Avevo bisogno di spazio, di respiro.
Domenica scorsa quattro ragazzi (di cui tre minorenni), di ritorno da un rave party, hanno pestato due carabinieri che li avevano trovati positivi all'alcol test in seguito ad un controllo.
Uno dei carabinieri ha subito gravi lesioni cerebrali ed è in prognosi riservata. L'altro rischia di perdere un occhio.
Il Gip che ha convalidato l'arresto del maggiorenne ha definito il gesto "lucido e spietato".
Confesso che non mi è chiaro il senso del ragionamento: in cosa dovrebbe tradursi, infatti, questo "pensare di più alle responsabilità dei figli" da parte degli adulti?
Ad alzare le mani perché, essendo la responsabilità un peso che ciascuno deve sentire su di sé, individualmente, se il ragazzo non lo sente noi adulti non possiamo farci nulla?!
Sarà, ma vogliamo convenire che sebbene queste non siano condizioni sufficienti, di certo sono necessarie?Né la migliore società né il miglior genitore né la migliore scuola possono governare fino in fondo le azioni di un ragazzo e determinarne il destino.
Se pure è vero, cioè, che niente e nessuno può governare "fino in fondo" le azioni di chicchessia, ciò non può comunque implicare la rinuncia ad un'approfondita riflessione sulle nostre responsabilità di "adulti" (intesi come famiglia, società, scuola, media, ecc.).
Premesso ciò, è del tutto evidente che se il nostro raggio d'azione nel campo dell'eredità è pari a zero, d'altro canto l'unica area all'interno della quale possiamo muoverci - e che dunque possiamo tentare di presidiare - è appunto quella dell'ambiente.
La riflessione che possiamo attivare nel caso di episodi aberranti come quello in questione è dunque la seguente: che ruolo ha giocato l'ambiente nelle azioni violente di questi "impassibili" giovani?
E qui vengo al punto.
A me non pare che la società in cui viviamo (l'ambiente) sia solita lanciare messaggi altamente educativi (tutt'altro); né tanto meno ho l'impressione che noi genitori di oggi possediamo quella competenza istintuale (quasi un ossimoro, lo so: è voluto) necessaria per educare al meglio i propri figli.
Ci rimproveriamo di “parlare poco ai figli”, ma i nostri genitori con noi parlavano anche meno. Era scontato che toccasse a noi (a scuola, con gli amici, poi nel lavoro) essere ciò che eravamo, diventare ciò che eravamo capaci (o no) di diventare.
Un mondo in cui per dimostrare di esserci dovevi sgomitare, emergere in qualche modo, specie intellettualmente, culturalmente.
Un mondo in cui nessuno ti regalava niente. Genitori compresi.
Nella babele selvaggia di messaggi che ci investono quotidianamente, uno solo è arriva forte e chiaro: "il mondo sei tu, giovane che stai crescendo".
Con le tue potenzialità, i tuoi diritti, i tuoi piaceri. Col culto del corpo, dell'immagine, del successo.
A tutti i livelli, dalle famiglie alla politica, passando per i media, il messaggio è fin troppo chiaro: le istituzioni sono tali di nome, ma non di fatto.
Pensate per un attimo a tutte le affermazioni che leggiamo, sentiamo dire o magari diciamo noi stessi nei momenti di rabbia.
Coloro che amministrano la giustizia sono ingiusti...
Coloro che rappresentano i cittadini sono disonesti...
Eccetera, eccetera.
Non è il luogo per approfondire se questi assunti, almeno in parte, possano contenere qualcosa di vero.
Fatto sta che sono quanto di più pernicioso possa esservi per un individuo in crescita, che registra l'inesistenza (o l'inconsistenza) di qualsiasi punto di riferimento.
Due carabinieri che mi fermano, a quel punto, non sono più l'autorità, l'istituzione: sono due individui vestiti in modo buffo, che chissà come hanno vinto un concorso col posto fisso e ora si credono chissà chi e vogliono rompere le palle a me che sono il centro dell'universo e ho solo alzato un po' il gomito e mi sono sballato per divertirmi.
Come si arriva al pestaggio, credetemi, è questione di dettagli.
E su quei dettagli, magari, avrà sicuramente la sua brava influenza "l'eredità", o "i geni" che dir si voglia.
Ma questo non deve portarci a smettere di riflettere su come l'ambiente (= tutti noi) abbia giocato e giochi queste benedette "mani".
Perché altrimenti il passaggio successivo è: "pazienza, i giovani d'oggi son fatti così, costituzionalmente".
Mentre io continuo a credere che ogni giorno che ci è dato su questa terra il nostro compito sia quello di chiederci cosa possiamo fare per diventare migliori come individui, come essere genitori perfetti e come costruire, tutti insieme, una società esemplare.
Il resto, chissà: magari verrà da sé.
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