Non so cosa ci sia dietro la morte di
Vittorio Arrigoni, l'attivista lombardo dell’
International Solidarity Movement rapito a Gaza e ucciso ben prima dell'ultimatum dato dai suoi rapitori. Nessuno lo sa.
Quello che si sa è che in quest'infinita pagina dello storico conflitto israelo-palestinese, in cui non si riesce nemmeno ad iniziare a scrivere la parola fine, le reazioni ad eventi drammatici come questo sono spesso scomposte, illogiche e, lasciatemelo dire, al limite del disumano.
Non mi riferisco alle reazioni del mondo delle istituzioni, questa volta piuttosto allineato nello sgomento e nel cordoglio.
Mi riferisco a quelle delle persone cosiddette "comuni".
Perché, ieri, ho sentito con le mie orecchie, da più di una persona, dire "del resto se l'è cercata".
Ebbene, questo modo di guardare agli eventi umani, di leggere le azioni dei nostri simili, di interpretare i contesti in cui ciascuno di noi compie le proprie scelte, imboccando una via piuttosto che un'altra, riesco a definirlo soltanto odioso, vile, e, come dicevo, al limite del disumano.
Dire "se l'è cercata" di una persona che ha deciso di donarsi ad una causa come quella del pacifismo, attraverso il sostegno a contadini e pescatori della zona, facendo talvolta anche da scudo umano per proteggerli, significa avere della vita e degli altri una visione gretta e meschina.
Una visione per cui chi non sceglie "la via più facile" è uno poco furbo; chi è "incapace" di vivere una vita tranquilla, con tutti gli agi, ha qualche rotella fuori posto; chi sceglie "l'emozione forte" di essere in prima linea merita una considerazione a metà, quasi fosse una specie strana, una categoria subumana, un po' da compatire, un po', all'occorrenza, da denigrare.
Ebbene io sono convinto che molti di quelli che ragionano così portano dentro di sé il seme odioso dell'accidia sociale e con quelle dichiarazioni svelano la parte di sé che vorrebbe essere altro; la parte che vorrebbe avere il coraggio di una lucida follia mossa da inquieti ideali; la parte che vorrebbe vivere una vita che possa definirsi davvero degna di essere vissuta.
La parte che vorrebbe ma non può. E una forma di impotenza pervasiva gli attanaglia sottilmente l'anima.
Ed ecco che chi può diventa allora un diverso, uno spostato, un esagitato, un segnato. E segnata è la sua fine, che se arriva viene vista come la dimostrazione dell'inadeguatezza di una scelta esistenziale coraggiosa.
E al contempo come la dimostrazione indiretta - e fintamente rassicurante - che la comoda scelta accidiosa è in qualche modo "superiore", perché premiata con la vita che continua.
Non ci posso fare niente, care persone "comuni" che vi siete espresse in quel modo: io vi vedo così, e voglio dirvelo in faccia papale papale.
Anche se un po' mi dispiace.
Vittorio vi avrebbe detto: "
restate umani".
Con queste parole si chiudevano tutte le sue corrispondenze per il Manifesto.
A me invece, in fondo in fondo, in questo preciso momento, al riecheggiare di quelle vostre parole nella testa, viene da dirvi semplicemente:
voi sì, che
ve la siete proprio cercata.
Aggiornamento delle 20:30.
Mi pareva strano che qualcuno non andasse ben al di là dei "dilettanti" accidiosi descritti in questo post.
Ecco
la dichiarazione che vince, staccando tutte, la palma dell'idiozia più aberrante:
Sorprende che il presidente della Repubblica abbia potuto spendere parole di solidarietà per Arrigoni, un povero ragazzo, certo, confuso e sfortunato, eppur complice di Hamas, conclamato militante antisemita e antisionista, ammazzato da chi lo ha voluto superare a sinistra nell’antisemitismo.
Firmato, Gianfranco Lehner, deputato di Iniziativa Responsabile, craxiano doc ieri e berlusconiano di ferro oggi.
Ernst Jünger ha scritto:
"Di volta in volta possono cambiare gli argomenti, ma la stupidità terrà il suo tribunale in eterno". (Trattato del ribelle, 1952)
Non posso che sottoscrivere ogni parola.
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Chi resta umano e chi no.