Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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domenica 10 aprile 2011

Piero Ostellino e l'Italia che non c'è.

Piero Ostellino vede un'Italia perfetta (Di Pietro a parte!).

Deve essere accaduto qualcosa a Piero Ostellino.
Ecco cosa scriveva ieri sul Corriere della Sera:
La politica, con le sue deviazioni, i suoi antagonismi privi di fondamento etico, i suoi inutili conflitti; gli italiani, con il loro scarso civismo, la loro inclinazione a dividersi, il loro pressapochismo; «questa Italia», della quale scrivono i giornali stranieri, non è l' Italia reale, ma la rappresentazione che ne dà certo nostro grottesco giornalismo, ideologico, demagogico, scandalistico. [...] Dovremmo, dunque, chiederci perché ad ogni insulto alle istituzioni, e a chiunque la pensi diversamente, troppi italiani, invece di preoccuparsi, esultino.
Gli insulti alle istituzioni, sia ben chiaro, sarebbero quelli di Di Pietro & Co. 
Ed è tuttavia singolare che Ostellino non consideri insulti alle istituzioni quelli di un Parlamento che diventa ogni giorno di più, asservito com'è al dio Denaro del Sire di Arcore e ai suoi bisogni legislativi, l'ombra pallida e malata di una sede istituzionale.
E' singolare che Ostellino non dia mostra di considerare insulti alle istituzioni nessuno degli spettacoli indegni cui stiamo assistendo negli ultimi mesi: il famigerato voto sulla nipote di Mubarak, l'evocazione della piazza da parte del Ministro della Giustizia per far approvare l'ennesima riforma ad personam; il cecchinaggio che dura da mesi di media e parlamentari nei confronti del Presidente della Camera; l'assalto sempre più pressante alla Rai e all'informazione, che da lottizzata si sta oramai trasformando in privatizzata, una sorta di succursale di Mediaset e però monca dei cospicui benefici di un'azienda privata.
Ostellino non pare neppure considerare un insulto alle istituzioni un Presidente del Consiglio che, oltre ad essere alla sbarra in quattro processi diversi, si è scoperto aver messo su un colossale giro di prostituzione pro domo sua - è proprio il caso di dire - coinvolgendo addirittura delle minorenni, nonché eleggendo a sistema pubblico il suo privatissimo vizio, là dove con la logica del do ut des ha concesso alle animatrici delle sue serate, oltre a fiumi di denaro, cariche pubbliche che per meriti ben diversi sarebbero dovute toccare ad altri.

Ostellino, salvo definire insulti alle istituzioni quelli di Di Pietro, afferma beatamente che l'Italia non è quella raccontata dai giornalisti (stranieri ed italiani).
Sarebbe interessante chiedere ad Ostellino come giudica:

- gli imprenditori che ridono sui morti dell’Aquila pensando ai profitti a venire per la sua ricostruzione;
- il caso Parmalat;
- il debituccio pubblico dell’Italia;
- la disoccupazione giovanile al 30%;
- la vergognosa situazione delle carceri;
- lo scandalo Alitalia;
- l'infinita storia della Salerno-Reggio Calabria
- i tagli all'Università, alla ricerca e la fuga dei cervelli;
- la situazione della scuola pubblica;
- gli stipendi degli insegnanti;
- le sovvenzioni alle scuole private contro il dettato costituzionale;
- la situazione anomala degli insegnanti di religione;
- i giornali sovvenzionati dallo stato;
- gli abusi edilizi e il dissesto del territorio;
- Mafia, Camorra, 'Ndrangheta e Sacra Corona Unita...

Il presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo ieri è stato costretto a dichiarare: “sia ben chiaro: la Corte non si farà intimidire” (lectio magistralis di ieri a La Spezia).

Che realtà parallela sta vivendo, il buon Ostellino? 

In quale mondo virtuale è finito, se nel massimo momento di smarrimento delle nostre istituzioni, governate da un nocchiero allo sbando e da una masnada di filibustieri che pirateggiano indisturbati, riesce a vedere tutto rose e fiori (a parte Di Pietro, naturalmente)?

La cosa buffa è che noi invece, sia ben chiaro, nonostante la lista appena citata, non siamo neppure della linea di pensiero di quel noto giornalista, che ha scritto:
L’Ordinamento della Repubblica ha conferito, istituzionalmente, alla classe politica un potere che non dovrebbe avere; la stessa società civile legittima l’anomalia con un sostegno, individuale e collettivo, nonché con una disponibilità a «concedersi» che neppure la più disinvolta passeggiatrice avrebbe. Dubito che ne usciremo. Il difetto sta nel manico. Nello «Stato canaglia» e nella cultura parassitaria della maggioranza degli italiani. Che in Italia, per dirla con un paradosso, sono troppi perché l’Italia possa diventare un Paese migliore.
Non siamo di questa linea di pensiero, perché nonostante tutto crediamo nella forza delle idee: nella capacità di discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. 

E crediamo nell'importanza della denuncia, sempre e comunque.

E confidiamo che questo modo di fare e di pensare possa essere il germe della speranza in un'Italia migliore.

Ecco perché non concordiamo con Ostellino che oggi ci racconta un'Italia senza macchia.
Così come non concordiamo col giornalista che nel pezzo appena citato dava agli italiani dei parassiti e diffidava in una qualsiasi rinascita.

Era il 14 marzo 2009 e quel giornalista era Piero Ostellino.

Non so cosa sia accaduto ad Ostellino, negli ultimi due anni.

Nel pezzo di ieri si chiedeva "se la malattia che sta uccidendo la democrazia italiana non sia proprio il nostro modo di fare giornalismo".

Beh, caro Ostellino, nel prendere in esame le sue parole, quelle di ieri e quelle di oggi, mi creda: il quesito che lei pone mi pare degno di una sua approfondita riflessione.

In senso autocritico, naturalmente.


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