"La ragione è un'isola piccolissima nell'oceano dell'irrazionale" (Immanuel Kant)
Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!
La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".
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Voglio riproporvi oggi un fantastico pezzo di satira di Ascanio Celestini che è andato in onda lo scorso 6 maggio nella trasmissione Parla Con Me di Serena Dandini e ha mandato su tutte le furie - guarda un po' - Silvio Berlusconi (coda di paglia, Silvio?!).
Una precisazione: qui si concorda anche con la parte della satira che si scaglia contro l'opposizione, colpevole di aver spesso propugnato in questi anni la filosofia del "quasi", finendo con l'essere spesso fin troppo tiepida, fin troppo polite e, alle volte, anche un tantino snob.
Nonostante questo, tuttavia, qui si ritiene che, oggi più che mai, tutti quei cittadini chiamati al voto che non si riconoscono in Tony mafioso e Tony corrotto (e sono moltissimi, per fortuna), debbano mandare un messaggio forte e chiaro: con il loro voto.
Se vincerà l'Italia dei filosofi del quasi, non avremo probabilmente la migliore Italia possibile, ma avremo parlato chiaro.
Avremo detto a gran voce che tutti i Tony delle famiglie dei mafiosi e dei corrotti - seppure si lavino di continuo, si facciano spesso la barba e quando si guardano allo specchio si sentano felici - per noi non somiglieranno mai agli uomini e alle donne capaci di raddrizzare davvero questa Italia ingobbita.
Sarà come aver gridato a squarciagola: "andatevene a casa".
Diciamolo chiaramente ai vari Tony mafioso e Tony corrotto: Milano, Napoli, Bologna, Torino e tutti gli altri comuni d'Italia che nei prossimi due giorni sceglieranno chi li amministrerà non hanno proprio bisogno di voi.
Quanto a noi, col voto di domenica e lunedì, dimostriamo coi fatti che non vogliamo più, nemmeno per scherzo, essere chiamati "quasi cittadini".