Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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martedì 10 maggio 2011

Napolitano si commuove? Per Libero fa campagna elettorale.

Il Presidente si è commosso: Libero non ci sta.

La classica lacrima che fa traboccare il vaso.

Nel celebrare la giornata in memoria delle vittime del terrorismo‎, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante il suo discorso, si è commosso e ha pianto.

I sedicenti giornalisti di Libero - evidentemente anch'essi in piena campagna elettorale accanto al loro Ghost Owner di Arcore - interpretano oggi così il gesto del Presidente:



"Nel clima elettorale tutto fa brodo", scrivono gli uomini di Feltri e Belpietro.

Quale possa essere il giudizio su un simile processo alle intenzioni, irriguardoso del ruolo e dell'umanità stessa del Presidente della Repubblica, lascio a voi decidere.

Certo che se la prima carica dello stato può essere così ignobilmente e gratuitamente accusato di strumentalizzazione per essersi commosso davanti ai familiari delle vittime di una pagina tragica della storia del nostro paese, che cosa si dovrebbe dire dell'occhiello "meglio tardi che mai", che allude al passato comunista di Napolitano, con precisa (e indegna) identificazione tra terrorismo rosso e comunismo?!

Identificazione ancora più esplicita nelle oltraggiose allusioni del relativo articolo firmato da Mattias Mainiero:
"Presidente [...] perché proprio ora? Ricorda? Comunismo armato. E scatenato. E i comunisti dissero: nessun cedimento. Fermezza. E oggi lacrime."
Questo è il giornalismo di Libero: senza memoria, senza rispetto. Per niente e per nessuno. Neppure per le vittime del terrorismo. 
Leggete voi stessi:
"Napolitano si aggiusta gli occhiali. E' prossimo alle lacrime. Presidente, con tutto il rispetto, per lei, per le vittime del terrorismo e per i loro familiari: possibile mai? Oggi, anno 2011? Emilio Alessandrini, magistrato, assassinato da un commando di Prima Linea nel gennaio del 1979. Sono passati trentadue anni."

Per Mainiero, il dolore ha una scadenza

La sofferenza per una tragedia familiare ha un tempo massimo oltre il quale non è lecito provare emozioni. Anzi di più: il palesarle è sospetto, o, peggio, strumentale.

"Con tutto il rispetto", scrive Mainiero.

Parola grossa, il rispetto.

Concetto che passa sempre da una morale; da un senso etico.

E dalla memoria.

Perché proprio ora, si chiede Mainiero.

E qui sta la sintesi di tutta l'indegna operazione mediatica messa in campo da Libero per rinfocolare l'odio nei confronti del nemico rosso, quel comunismo che non c'è più ma che - a pochi giorni dalle urne - è pur sempre considerato l'antidoto più efficace alla perdita di consensi del centrodestra di Berlusconi.

Quel "perché proprio ora?" (parente del "meglio tardi che mai") viene piazzato lì a suggerire subdolamente ai deboli di memoria che Napolitano si sarebbe improvvisato sensibile all'argomento terrorismo solo ora, proprio mentre il Cavaliere ha in atto la sua furente guerriglia contro le eversive toghe rosse, in piena campagna elettorale.

Una sorta di sensibilità ad orologeria, quella del Presidente della Repubblica, secondo Libero.

A puro titolo esemplificativo, eccovi allora il testo della lettera che nel 2007 Giorgio Napolitano scrisse al curatore della rubrica epistolare per La Repubblica (Corrado Augias):
Caro Augias, la lettera indirizzatale dai famigliari dei carabinieri e degli agenti della Polizia di Stato barbaramente uccisi dalle Brigate Rosse a via Fani, nel corso del brutale rapimento dell'on. Moro, mi trova pienamente concorde. Anche nel mio messaggio di fine anno volli esprimere un chiaro richiamo al rispetto della memoria delle vittime del terrorismo e dunque al rispetto - in tutte le sedi - del dolore dei loro famigliari. Rinnovo perciò il mio fermo appello perché di ciò si tenga conto anche sul piano dell'informazione e della comunicazione televisiva. Il legittimo reinserimento nella società di quei colpevoli di atti di terrorismo che abbiano regolato i loro conti con la giustizia dovrebbe tradursi in esplicito riconoscimento della ingiustificabile natura criminale dell'attacco terroristico allo Stato e ai suoi rappresentanti e servitori e dovrebbe essere accompagnato da comportamenti pubblici ispirati alla massima discrezione e misura.
Questo è solo un piccolo esempio di quell'atteggiamento di condanna, fermo e senza appello, che Napolitano ha assunto da anni nei confronti del terrorismo; come è un esempio di quell'atteggiamento di pietas nei confronti dei familiari delle vittime che è la cifra del Presidente della Repubblica in carica.

La lettera appena citata risale proprio all'anno in cui il giorno della memoria in questione venne istituito per legge (n. 56 del 4 maggio 2007), simbolicamente nella ricorrenza dell'assassinio dell'on. Aldo Moro.

La prima cerimonia ufficiale fu celebrata al Quirinale il 9 maggio 2008
Per l'occasione la Presidenza della Repubblica realizzò il volume "Per le vittime del terrorismo nell'Italia repubblicana", edito dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
Eccone l'intento, dichiarato nella prefazione del volume, scritta di suo pugno proprio dal Presidente Napolitano: 
"rendere omaggio, nel modo più solenne, a tutti coloro - fossero essi semplici cittadini, umili e fedeli servitori dello Stato, o protagonisti della storia repubblicana, come lo fu l'on. Aldo Moro - che in quel contesto pagarono col sacrificio della loro vita i servigi resi alle istituzioni repubblicane".
Ciò detto, cari amici di Libero, non vi pare che il vostro "proprio ora?" sia vagamente fuori luogo?!

Per carità, ne conveniamo: la storia non è il vostro mestiere.

Ma siete davvero certi che lo sia il giornalismo?


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