"La ragione è un'isola piccolissima nell'oceano dell'irrazionale" (Immanuel Kant)
Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!
La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".
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Osserva bene la mia caduta, e ciò che mi ha rovinato.
Cromwell, ti esorto caldamente, sbarazzati dell'ambizione: fu il peccato degli angeli.
Cosa può dunque l'uomo, l'immagine del suo Creatore, sperare di ricavarne?
Ama te stesso dopo tutti gli altri, abbi cari i cuori di chi ti odia.
La corruzione non rende più dell'onestà.
Nella tua destra porta sempre una dolce pace, per ridurre al silenzio le lingue invidiose.
Sii giusto, vivi senza paura.
Agisci soltanto nell'interesse della tua patria, del tuo Dio, e della verità.
[Parole di Wolsey nell'Enrico VIII di Shakespeare, atto terzo, scena prima.]
Non dura più di 10 secondi.
Sono sufficienti.
Date un'occhiata a queste immagini che vengono dal G8 in corso a Deauville.
E prestate la massima attenzione alla faccia di Berlusconi.
Silvio è stravolto. Atterrito, quasi.
Si guarda in giro come se lo spettro della Giustizia aleggiasse nella sala conferenze.
E come se Obama fosse il suo ultimo appiglio contro "la dittatura dei giudici di sinistra" che sta per affossarlo.
Berlusconi finirà presto.
La sua fine politica, oltre che nei suoi occhi, è scritta nei suoi geni, come forse la storia del suo successo in questo paese.
Gli ultimi mesi, e ancor più le ultime settimane, hanno rappresentato l'emblema di tutti quei vizi insiti nella natura dell'uomo Berlusconi, che ne segnano ineluttabilmente il declino.
L'incapacità di ammettere anche soltanto l'idea di aver sbagliato qualcosa, come è accaduto in occasione del fallimento della campagna elettorale del centrodestra.
L'incapacità di contornarsi di gente davvero capace - anziché di inutili yes-man - e di ascoltare le critiche, i suggerimenti, i consigli.
La filosofia assolutista legata al culto del capo.
Questi fattori, insieme a molti altri, hanno già scritto la parola fine riguardo al capitolo Berlusconi.
E' solo questione di tempo.
Fine che sarà ingloriosa, e lo dico col dovuto rispetto per l'uomo Berlusconi, perché - ancor prima dei risultati del secondo turno - il quadro è chiarissimo, per chi lo vuole leggere.
La Lega ha preso le distanze (troppo facile pensare ad un autogoal sulla questione dei ministeri o del proporzionale: è piuttosto voglia di differenziarsi, per cominciare anche a racimolare qualche voto in più, là dove possibile).
A Porta a Porta, come ha scritto oggi Curzio Maltese, Silvio non è più di casa e il fidato Bruno Vespa ieri sera è stato addirittura meno conciliante del solito.
Giuseppe Cruciani (La Zanzara, Radio 24) ha ammorbidito i toni e smorzato la sicumera berlusconiana che lo contraddistingueva.
Il Giornale e Libero appaiono frastornati.
E fa davvero sorridere l'anacronismo con cui oggi Alessio Butti, capogruppo PDL in commissione vigilanza Rai, ha affermato - riguardo allo share di ieri di Porta a Porta - che i dati "dimostrano che Berlusconi non è al capolinea, ma nel cuore degli italiani".
In sostanza: il dimezzamento delle preferenze del Cavaliere a Milano non conta, mentre seguirlo in Tv equivale ad averlo nel cuore!
Concordo con Metilparaben: ci aspettano tempi duri, dal momento che dovremo raccogliere i frutti di tutto quello che è stato seminato in questi decenni di berlusconismo.
E proprio per questo è il momento di non farsi cogliere impreparati alla sfida che ci aspetta.
Ricostruire l'unità nazionale.
Ridare prestigio alle istituzioni.
E senso alla politica, intesa come res publica.
Ripartendo da una società dilaniata, che avrà bisogno di tempo e di pazienza.
Non sarà facile è vero.
E ci vorrà l'impegno di tutti, nessuno escluso.
Perché quando Berlusconi cadrà, questo paese non si ricostruirà con lo sforzo di una fazione soltanto.
Se non ci ritroveremo come collettività, falliremo come singoli, e l'Italia rovinerà sotto il peso delle sue stesse macerie.
Per evitare che questo accada, ci vuole al più presto un progetto nuovo, di ampio respiro, che miri finalmente lontano e che ci faccia uscire delle sabbie mobili del "qui ed ora", per ridare una prospettiva futura concreta al nostro vivere quotidiano.
D'altronde, per riprendere un felice slogan degli ultimi mesi: se non ora, quando?