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Alcune opportunità vanno colte. Sempre e comunque. Perché non capitano tutti i giorni. |
Passata la sbornia post-elettorale e l'inevitabile onda emotiva che ci ha travolto, è forse tempo di fare qualche riflessione .
Denis Verdini, coordinatore del Popolo della Libertà,
ha dichiarato:
A parte Milano, sostanziale parità.
Per come la vedo io è come se dopo un incontro di boxe, il pugile suonato affermasse: "a parte il knock-out, in tutti i round c'è stata una sostanziale parità".
Occhio.
Non vi fate distrarre: stanno cercando di distogliere l'attenzione dalla madre di tutte le riflessioni post-voto (e ci stanno riuscendo benissimo).
Quale? Naturalmente
il crollo verticale delle preferenze di Silvio Berlusconi,
dimezzate rispetto alla precedente consultazione del 2006.
Il tutto proprio dopo che Silvio aveva personalizzato la campagna elettorale, parlando di amministrative che soprattutto a Milano dovevano in realtà essere considerate un giudizio sul governo e portare ad un plebiscito nei confronti della sua persona.
Attenzione, su questo semplice quanto fondamentale dato di fatto stanno nicchiando tutti, non soltanto i fedelissimi del Premier (e le parole di Verdini ne sono una lampante dimostrazione, identiche a quelle di Cicchitto a Ballarò ieri sera).
Anche l'opposizione, infatti, nicchia sul crollo di Berlusconi.
Altro che "
vinciamo noi, perdono loro", come
ha chiosato Bersani.
Ma che significa?
Berlusconi ha chiamato al voto tutta Milano (arrivando a
dire in più di un'occasione di
scrivere accanto al simbolo del partito
il suo nome) e
ha impostato tutta la campagna elettorale sulla persecuzione giudiziaria di cui sarebbe vittima: il risultato è stato un
crollo clamoroso.
Traduciamo l'evento in concetti semplici, una volta per tutte.
Milano ha detto: "Caro Silvio, i tuoi processi non ci interessano".
Milano ha detto: "Caro Silvio, a te che ti scagli sempre contro il fantasma 'comunista' rispondiamo scegliendo un candidato diverso dal tuo, per giunta uno che tu stesso definisci di 'estrema sinistra'."
Milano ha detto: "Caro Silvio, uno su due, tra quelli che ti hanno votato la volta scorsa, non ti vuole più".
Scusate, ma in una circostanza come questa sarebbe stato troppo chiedere che il leader dell'opposizione snocciolasse in modo chiaro questi evidenti dati di fatto?!
E magari, dico magari, aggiungesse anche: "in considerazione del fatto che è stato Berlusconi stesso a chiedere un voto di fiducia agli elettori, visti i risultati riteniamo sia corretto da parte sua rassegnare prontamente le dimissioni".
Stefano Folli ieri, a 8 e mezzo, ha posto proprio questa domanda al buon Bersani: "perché non chiedete le dimissioni di Berlusconi"?
E Bersani? Ancora una volta ha nicchiato, rispondendo più o meno: "ma se le chiediamo da sempre"!
Ora: non credo (anche se talvolta il sospetto mi attanaglia) che nel centro-sinistra siano così sprovveduti da non aver preso in considerazione l'eventualità di una strategia comunicativa "d'attacco".
Sono più propenso a credere che abbiano deciso di giocare di rimessa, come è oramai consuetudine.
Molto spesso, negli anni, ci siamo ritrovati ad avere questo atteggiamento prudente per la serie "non facciamo vedere che infieriamo più di tanto".
Tanto per essere chiari:
"Meglio evitare una serie legge sul conflitto di interessi: se no sembra che infieriamo".
"In campagna elettorale, chiamiamo Berlusconi 'il principale esponente della coalizione avversa', così gli diamo meno importanza (Geniale, no? Esattamente come dire: "non pensate ad un elefante"... Voi a cosa pensate?!).
Eccetera, eccetera.
Voglio essere chiaro: non sono certo che chiedere a Berlusconi di assumersi la responsabilità delle sue azioni e dunque di dimettersi sarebbe stata, necessariamente, una strategia "vincente" (in senso mediatico, intendo) e certo non avrei giocato tutta la campagna elettorale su questo tema.
Penso però che fosse la prima ed unica cosa da dire a caldo, con una discreta enfasi.
Senza gridare, senza dar di matto, senza alzare i toni.
Semplicemente - senza troppi calcoli o tatticismi di bassa lega - gettando il cuore oltre l'ostacolo.
Rammentando subito, nuda e cruda, la verità dei fatti.
Capisco bene, specie dopo l'ultimo ventennio, che in questo paese non abbiamo un buon rapporto con la verità.
Credo dipenda dal fatto che a sinistra continuiamo ad essere sempre condizionati dal pensiero che seppure Berlusconi abbia sparato balle per anni, ciò nonostante gli italiani se la sono bevuta (per noi inspiegabilmente) in tanti, anzi in troppi.
Questo tuttavia non significa che vada coltivato un rapporto di sfiducia con l'elettorato (cosa che invece ho l'impressione che si continui a fare da tempo).
Tanto più se ora ci sembra che "il vento stia cambiando"; e che molti - per continuare la metafora - siano intenzionati a smettere di bersela...
Dico io: vogliamo dargli una mano sì o no?
Anche correndo qualche rischio, magari: perché anche questa è leadership.
I successi dell' "estremista Pisapia" a Milano, dell'outsider De Magistris a Napoli e così pure quello di Zedda a Cagliari non ci insegnano forse qualcosa, in tal senso?
La morale a mio avviso è proprio questa: basta tatticismi, si cominci a rischiare.
E nel rischiare è compresa la volontà e la forza di dire quello che va detto.
Sono anni che perdiamo voti per questa incolore "medietas": né carne, né pesce; non pro, ma contro in modo prudente (ed allora ecco crescere Di Pietro, Grillo, Vendola: il ché, si badi bene, non è un male, ma va comunque considerato il segno dell'incapacità del PD di rappresentare il malcontento del paese...).
Siamo ancora in tempo: smettiamo di nasconderci dietro le sconfitte (gli errori vanno sempre dichiarati) e smettiamo di giocare di rimessa dopo le vittorie, mordendosi la lingua per poi ridurre banalmente tutto a "chi vince e chi perde".
L'opposizione di centro-sinistra, compatta, lavori finalmente alla svolta.
Perché i presupposti, a quanto pare, cominciano ad esserci tutti.
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Il crollo di Silvio e le reticenze del PD: è tempo di rischiare.