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Dominique Strauss-Kahn |
[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]
D’accordo, l’errore cognitivo è difficile da evitare e soprattutto il pregiudizio. Ma devo dire che sono sorpreso e anche un po' imbarazzato dall'analisi sociologica alla base di decine di articoli apparsi sui più autorevoli giornali, in questi giorni, a proposito dell’affaire Strauss-Kahn.
Fra tutti, un paio di esempi.
Vittorio Zucconi (la Repubblica, 16 maggio) sostiene: “Non capiscono, per loro è naturale, normale, un «fringe benefit» del potere come l’autista, l’ufficio con il ficus, la poltrona in First Class... schiave come cameriere d'hotel guardate come pecorelle naturalmente a disposizione del padrone, del pezzo grosso, del capo”.
Secondo Michela Marzano (la Repubblica, 17 maggio) il potere e la ricchezza rendono onnipotenti: chi si trova in dette condizioni si convince che gli altri non hanno valore e che non sia possibile che “una cameriera di colore possa non avere voglia di fare l’amore con il direttore generale del Fmi”.
Dicevo prima che il
bias, a quanto pare generato dalla parte più ancestrale del cervello, è praticamente ineliminabile.
Ma qui si esagera.
Perché mi domando: se ad assalire la cameriera di colore fosse stato, che so, l’idraulico di servizio come ce la saremmo cavata con l’analisi sociologica su “sesso e potere”?
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L'affaire Strauss- Kahn: sesso e potere?