Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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mercoledì 25 maggio 2011

Le leggi e la ragnatela

Il  filosofo scita Anacarsi,  VI secolo a.C.

[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


Ieri sera il filosofo Remo Bodei*, ospite di una trasmissione televisa, rammentava che Solone soleva dire:
Le leggi sono come una ragnatela: i potenti la sfondano, i deboli ne rimangono impigliati .
Evidentemente Bodei, come fonte, preferisce Diogene Laerzio (Vite dei filosofi,1, 58), perché secondo  Plutarco (Vite parallele, Solone, 5,4), invece,  l'aforisma è da attribuirsi al filosofo  Anacarsi, uno dei sette sapienti, amico di Solone.

Plutarco ci racconta anche di come Anacarsi, avendo assistito ad una seduta dell'Assemblea, si fosse assai stupito che ad Atene parlassero i sapienti ma decidessero gli ignoranti.

Si rimane davvero folgorati dall'attualità della cultura classica.

Ma  forse qualcosa è cambiato.

Se Anacarsi assistesse oggi ad una seduta del Parlamento, sarebbe senza dubbio ancor più stupito:  da noi parlano gli ignoranti e decidono gli ignoranti.

Anche se dobbiamo ammettere che, almeno, ci si guadagna in coerenza.
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* Professore ordinario di Storia della Filosofia all'Università di Pisa, dal 1992 Recurrent Visiting Professor presso la University of California, Los Angeles.
Senz'altro da leggere:  Geometria delle passioni. Paura, speranza e felicità filosofia e uso politico, Milano, 1991.

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