Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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mercoledì 18 maggio 2011

Il Ministro delle Giustizia Clarke e l'attenuante affettiva.



Diventa tutto uno scandalo, oggigiorno.

Un povero cristo oramai non può più nemmeno buttare lì un paio di frasi, che subito i media le sparano nell'endovena della rete e nel giro di un'ora tutto il mondo è lì a commentare, a giudicare, a puntare il dito.

Prendete il Ministro della Giustizia della britannico, Kenneth Clarke, conservatore (l'Alfano d'oltre Manica, per intenderci).

Ha solo fatto un necessario distinguo: ha detto che c'è stupro e stupro.

E per chiarire meglio il suo pensiero ha solo aggiunto che se ci si conosce - è il caso per esempio di un appuntamento galante - lo stupro è meno grave, è meno stupro.

E giù indignazioni, media scandalizzati, persino richieste di dimissioni.
Se ti conosco, posso farti del male; se non ti conosco no.
Cosa ci sarà mai di così scandaloso nella logica stringente di una simile argomentazione?!

Certo, l'accettazione di questo principio in altri casi di violenza - che so, quella domestica ad esempio, tra marito e moglie - porterebbe a dover rivoluzionare del tutto l'opinione comune (stranamente coincidente con quella giuridica) che vede come un aggravante il fatto che ci si conosca

Per non parlare del caso in cui un uomo uccide un suo caro amico
Dovremmo ribaltare il pensiero comune; riflettere sul fatto che quell'omicidio lì, in virtù del profondo legame di amicizia che legava assassino e vittima, va considerato meno grave, meno omicidio appunto. 
E su questo, diciamocelo, concorderebbe di certo anche la vittima, se solo potesse esprimere la sua opinione in favore dell'amico di tutta una vita (finché è durata).

Insomma oggi il nostro è diventato un mondo difficile.

C'è ancora gente che si scandalizza per l'ovvio.

Che pensa che le violazioni siano tutte uguali.

E invece no.

Nella gerarchia degli stupri, ad esempio, quello al buon senso è naturalmente - e giustamente - fanalino di coda.

Ma dato che la maggioranza di noi non conosce il Ministro della Giustizia britannico Kenneth Clarke, a ben vedere, la speranza che ciò che ha fatto venga comunque giudicato "grave", in fin dei conti, rimane ancora in piedi...


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